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Cultura

Pedofilia una lebbra? Ennesimo annuncio mediatico del Papa

A sentirlo parlare di pedofilia una lebbra all'interno della nostra casa e dell'antidoto predisposto come fece Gesù, userò il bastone contro i preti pedofili, nel cahier de doleance che affidato al fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari, ha fatto il giro del mondo con l'appendice il 2% dei preti cattolici sono pedofili, si direbbe che il primo papa gesuita, Jorge Mario Bergoglio, sia determinato a porre fine, a sradicare la repellente pratica di violenze e abusi su minori consumati nel segreto delle strutture della Chiesa.

Proviamo a capire il perché di queste eclatanti affermazioni con Federico Tulli, il giornalista che da quattro anni sta seguendo passo le vicende sull'inquietante affaire cui ha dedicato due libri: il primo nel 2010, Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro e nel 2014 Chiesa e pedofilia, il caso italiano, entrambi per L'Asino d'oro.

Sin da quando è stato chiamato a succedere a Benedetto XVI, papa Francesco ha dichiarato di voler mettere al primo posto della sua agenda lo sradicamento di un crimine, la pedofilia clericale, che tanto discredito ha gettato sulla Chiesa nel mondo e sul pontificato del suo predecessore. Non si può non notare che da qualche tempo Bergoglio ha intensificato le sue esternazioni e con cadenza oramai pressoché settimanale manifesta l'intenzione di affrontare con decisione "una lebbra che c'è anche nella Chiesa". In assenza di scandali di portata planetaria come quelli che a febbraio 2013 hanno indotto Ratzinger a fare un passo di lato nell'ambito della gerarchia ecclesiale, é giusto chiedersi quale possa essere la causa scatenante di tanto impegno, verbale. Un'ipotesi che condivido è quella che intravede nei proclami di Francesco la risposta, a parole, alle durissime accuse ricevute tra gennaio e maggio 2014 dalle due commissioni Onu "per i diritti dell'infanzia" e "contro la tortura". Dati alla mano, i due organismi, in virtù delle relative Convenzioni ratificate giusto un anno fa da Bergoglio ma di fatto non ancora attuate, hanno accusato la Santa Sede, tra l'altro, di non aver mai "riconosciuto la portata dei crimini commessi", di non aver "preso le misure necessarie per affrontare i casi di abuso sessuale e per proteggere i bambini", e di aver, anzi, "adottato politiche e normative che hanno favorito la prosecuzione degli abusi e l'impunità dei responsabili". L'Onu ha pertanto chiesto all'istituzione guidata da Bergoglio, che per ne detiene il potere legislativo, esecutivo e giudiziario, di modificare subito le norme che definiscono la pedofilia un peccato, seppur grave, che pertanto come tale, e non come un crimine, viene affrontato dai gerarchi della Chiesa: nessuna denuncia alle autorità "laiche", ramanzina al sacerdote responsabile e penitenza riparatrice che consiste in un ritiro spirituale più o meno lungo in luogo isolato al riparo dalla stampa indiscreta.

Ora c'è questa intervista al fondatore di Repubblica, Scalfari. Tulli ci pensa un po' e perentoriamente chiosa: nell'intervista rilasciata più o meno consapevolmente a Scalfari, virgolettando a nove colonne la frase del pontefice argentino: "come Gesù userò il bastone contro i preti pedofili", si è dato gran risalto a quella che in fin dei conti è l'ennesimo annuncio mediatico e dunque una non notizia. Di contro è finita in secondo piano una dichiarazione, che non sta in quelle smentite successivamente dal portavoce della Santa Sede, padre Lombardi, dalla portata inquietante. Con la stessa "serenità" con cui si comunica che ora è, papa Francesco ci informa che secondo i calcoli dei suoi collaboratori, due sacerdoti su cento sono pedofili. Considerando che in Italia vivono circa 35mila preti e che il pedofilo è un criminale equiparabile al serial killer, esistono sacerdoti pedofili che hanno stuprato anche 200 vittime, non è azzardato ipotizzare che solo nel nostro Paese circa 140mila ragazzini che frequentano quotidianamente parrocchie, oratori, seminari e scuole cattoliche, siano a rischio. La questione dal punto di vista delle potenziali vittime non va sottovalutata, ma in Italia il problema è meno percepito che altrove. Bisogna tenere conto del fatto che da noi l'infanzia è in genere poco tutelata, rispetto agli altri Paesi, e sembra che le istituzioni preferiscano non affrontare il tema, ad esempio istituendo una commissione d'inchiesta nazionale che tanti risultati ha portato negli Usa, in Irlanda, in Germania, Olanda, Belgio etc, piuttosto che scontentare la Chiesa cattolica. E quando si decide di investigare se il presunto pedofilo è un prete ci sono notevoli difficoltà di movimento. In virtù di una clausola del Concordato, introdotta negli anni 80 dal governo Craxi, la magistratura italiana deve infatti segnalare al vescovo l'apertura di un'indagine su uno dei suoi chierici. Questo vuol dire che un sacerdote, a differenza di un cittadino normale, ha maggiori possibilità di difendersi anticipando le mosse del magistrato, quando non occultando prove o influenzando i testimoni e la vittima. A questo si aggiunge che la Conferenza episcopale del card. Bagnasco ha deciso di non obbligare i vescovi a denunciare presunti casi di abusi alla magistratura "laica", e che l'Italia ha di recente eliminato l'obbligo di produrre il casellario giudiziario alle categorie che operano nel volontariato, al cui interno ci sono appunto i sacerdoti - oltre ai/alle baby sitter e gli allenatori di calcio o basket giovanile - nonostante sia noto che è proprio tra chi si occupa quotidianamente di minori che si annidano insospettabili cacciatori di bambini dal passato tutt'altro che irreprensibile.

I dubbi, dunque, al di là delle affermazioni buoniste, sulla reale volontà di debellare la piaga della pedofolia, persistono anche in ragione di altre affermazioni del papa gesuita, un po' meno buoniste, da non sottovalutare e dirette ai bambini: attenti al demonio! oppure un bambino battezzato o un bambino non battezzato non è lo stesso, fino al top desta orrore il solo pensiero che vi siano bambini che non potranno mai vedere la luce, vittime dell'aborto, che sottintende chiaramente: la donna che abortisce é un'assassina. Donna e bambino, insomma, non hanno nel pensiero religioso alcun posto come esseri umani con una loro originale identità.

E non si dimetichi mai, conclude Tulli, che per la Chiesa, la sacralità della famiglia deve essere difesa a qualsiasi costo. Con un certo assistenzialismo, inoltre, la donna che subisce violenza domestica è solo una vittima da assistere.

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