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Pedofilia: il perdono, l'escamotage che disconosce il caso italiano

la presse
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Per risolvere il drammatico, devastante e a lungo tenuto nascosto fenomeno della pedofilia, Papa Francesco, da sopraffino gesuita nell'arte di conquistare la gente, ha esternato il suo mea culpa a sei vittime di violenze e abusi sessuali, in un incontro privato.

Ha chiesto umilmente perdono per i peccati e i gravi crimini sessuali commessi da membri del clero nei vostri confronti. Hanno profanato la stessa immagine di Dio e anche per i peccati di omissione da parte dei capi della Chiesa, ma senza far nomi, prendendo le distanze dai sacerdoti che hanno sacrificato i piccoli all'idolo della loro concupiscenza.

Accuratamente, il Pontefice ha eluso alcune questioni nient'affatto secondarie: come la Chiesa intende affrontare l'inquietante fenomeno della pedofilia che per una certa psichiatria di punta e all'avanguardia sulle dinamiche interumane é malattia mentale; se la pedofilia resta relegata a peccato e quindi soggetta alla legge divina o se viene, come dovrebbe essere, ritenuta un reato contro la persona e quindi soggetta alla legge dello Stato. E poi se esiste o meno il caso italiano.

È indubbiamente un grande affaire che chiama direttamente in causa anche la politica che non può fingere che non esista il caso italiano. Ci vuole però una straordinaria dose di coraggio per far luce sull'inquietante fenomeno della pedofilia, in un mondo che non lascia spazio alla trasparenza e ricorre non solo all'oscuramento sic et sempliceter quanto all'annebbiamento per depistare, deviare qualsiasi ricerca.

Ci vuole allora la straordinaria dose di coraggio messa in mostra da un serio e preparato giornalista: Federico Tulli, autore di un documentatissimo libro, da un paio di mesi in libreria, "Chiesa e pedofilia, il caso italiano" edito da L'Asino d'oro.

Quattro anni fa, nel 2010, Tulli diede alle stampe sempre con L'Asino d'oro, "Chiesa e pedofilia. Non lasciate che i pargoli vadano a loro" dove, con una puntigliosa e dettagliata ricostruzione di migliaia e migliaia di casi esplosi nel mondo, dall'Irlanda agli Usa, si avventuro' negli infidi meandri della pedofilia, scovando vittime di abusi e violenze e sfruttando, come guide, la competenza di esperti e studiosi di prim'ordine. Ora, nel 2014, non si ferma alla denuncia del fenomeno, ma trae delle forti e inoppugnabili considerazioni: nonostante i 150 preti finiti sotto processo negli ultimi anni, in Italia non c'è una commissione nazionale che indaghi sulle dimensioni del fenomeno, unico caso del genere nel panorama del cattolicesimo europeo. Perché? La Chiesa non solo ha sottovalutato il fenomeno della pedofilia ma ha anche messo in atto un comportamento ed azioni che hanno posto a rischio l'incolumità dei minori, favorendo peraltro la prosecuzione degli abusi.

Punto centrale del libro: la Convenzione dell'Onu sui diritti dell'infanzia che accusa esplicitamente la Santa Sede di non aver mai predisposto e messo in atto politiche di contrasto alla pedofilia. Gli atti di questo storico processo, terminato a Ginevra all'inizio del 2014, sono tradotti in italiano per la prima volta nel libro:

chiamano in causa le responsabilità di Ratzinger, Wojtyła e Bergoglio, e - spiega Tulli - contengono rilevanti critiche che sono state rispedite al mittente con sdegno. Ma finché la Chiesa continuerà a ritenere l'abuso un'offesa a Dio e non un crimine contro gli esseri umani più indifesi, é impossibile credere a una vera svolta.

E a maggio di quest'anno é arrivata dal Palazzo di vetro di New York una ulteriore sberla alla Chiesa: il Comitato Onu contro la tortura - chiosa l'intrepido giornalista che ha, con i suoi due libri, innovato il giornalismo d'inchiesta - ha detto molto chiaramente di aver riscontrato violazioni alla Convenzione e in particolare ha riconosciuto che l'abuso sui minori e quello sugli adulti da parte di sacerdoti sono azioni che rientrano nell'ambito degli atti violenti monitorati dalla Commissione contro la tortura.

Anche questa volta, Tulli non viene meno al suo stile e sfrutta la competenza di una professionista, la psichiatra Maria Gabriella Gatti che nell'introduzione al libro, tra l'altro, scrive: i preti pedofili vivono su questa terra e devono rispettare le leggi della società in cui vivono, anche se sono convinti che le credenziali vantate rispetto alla sfera trascendente consentano loro comportamenti caratteristici dei criminali e dei malati di mente.

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